Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie
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La redazione di questo volume è stata curata da Paola Aurino,
Simona Contardi e Valentina Faudino con la collaborazione di
Maurizia Lucchino
Quando non diversamente indicato, i disegni dei reperti sono in scala
1:3 (ceramica, vetri), in scala 1:2 (industria litica levigata, metalli), in
scala 1:1 (industria litica scheggiata)
Il volume è stato pubblicato con il contributo della Fondazione Cassa
di Risparmio di Torino e con la collaborazione degli Amici del Museo
di Antichità di Torino
È possibile consultare gli articoli pubblicati in questo
volume nel sito istituzionale della Soprintendenza:
http://archeo.piemonte.beniculturali.it/
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del Piemonte
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ISSN 0394-0160
Notiziario
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Notiziario
Fig. 14. Alessandria, fraz. Spinetta Marengo, strada vicinale della
Granara. T. 1 (foto Studium s.n.c.).
qui la sistemazione originaria e un successivo rotolamento verso est di alcuni oggetti, che potevano in
origine essere trattenuti da elementi deperibili decomposti in un momento successivo. La cronologia
dei materiali, attualmente in corso di restauro,
orienta verso una datazione compresa tra la seconda
metà del I e la prima metà del II secolo d.C.
A nord-est di t. 1 è presente una seconda sepoltura, questa volta a incinerazione diretta: si tratta di
una fossa di forma quadrangolare (t. 2) caratterizzata
dalle pareti del taglio rubefatte per uno spessore di
ca. 4 cm, in particolare nella loro porzione superiore.
Il riempimento più profondo era costituito da carboni
e sporadiche ossa umane combuste, mentre la parte
superiore da argilla mista a carboni. Il corredo, molto più povero di quello di t. 1, era composto da una
coppetta a pareti sottili (rinvenuta in frammenti), un
balsamario e una moneta bronzea, tutti elementi che
concordano con la cronologia della prima sepoltura.
Poco più a est è stata portata alla luce un’altra tomba (t. 3), la cui parte sommitale era verosimilmente stata intaccata dalle attività di aratura o spietramento già evidenziate negli altri sondaggi: il fondo
della fossa era riempito da carboni con ossa umane
combuste mentre la parte superiore era costituita da
argilla mista a carboni.
Bibliograia
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Tozzi P. 1996. L’ area fra Libarna e Dertona, in Libarna, a cura
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Venturino Gambari M. 1986. Le raccolte archeologiche. La
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preistorico e protostorico dell’Alessandrino, in Il Museo e la Pi
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Venturino Gambari M. et al. 2010. Venturino Gambari M.
- Crosetto A. - Roncaglio M., Alessandria, Villa del Foro
(Forum Fulvii), via della Rocca. Strada e necropoli di età roma
na e fasi di frequentazione altomedioevale, in Quaderni della
Soprintendenza archeologica del Piemonte, 25, pp. 135-137.
Alessandria, frazione Villa del Foro
Elmo romano in bronzo tipo Buggenum
Stefano Marchiaro
L’elmo romano di tipo Buggenum, proveniente
probabilmente dal territorio di Villa del Foro, è
menzionato per la prima volta tra i materiali archeologici consegnati nell’aprile del 1886 dalla
Provincia al Municipio di Alessandria quale dono
del comm. Dossena, la cui famiglia era proprietaria di ampi appezzamenti di terra nella zona
(Venturino Gambari 1986, pp. 67-70; Galli
1998, p. 276; Gambari 2000, p. 208). Il temporaneo deposito del reperto presso il Museo di Antichità di Torino ne ha recentemente consentito un
esame autoptico e la rilettura nel quadro di una
più aggiornata bibliografia.
L’elmo è di bronzo e si conserva integro, seppur
mancante delle paragnatidi. Misura 19,5 cm di altezza, 25,3 cm di lunghezza e ha diametro massimo esterno pari a 21,6 cm. La calotta è emisferica
con leggera tendenza alla forma conica, sormontata
da un bottone apicale (apex) bitroncoconico liscio
e privo del foro per l’inserimento del piumaggio. Il
paranuca, lungo 3,7 cm nel punto di massima espansione, è ancora poco pronunciato rispetto ad altri
elmi della stessa tipologia, ma risulta tuttavia già
ampio e appiattito e dotato di foro per assicurarvi il
supporto degli anelli di aggancio posteriore del sottogola. Ai lati della calotta sono visibili due fori, di
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a
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b
Fig. 15. Alessandria, fraz. Villa del Foro. Elmo in bronzo tipo Buggenum, proilo laterale destro (a) e vista posteriore (b) (elab. S. Marchiaro).
cui il sinistro ancora conserva il rivetto in ferro, per
l’incernieramento delle paragnatidi. Il bordo inferiore, leggermente rilevato e a sezione rettangolare,
misura 0,7 cm di altezza e presenta una supericie
liscia priva di decorazioni. Lo spessore della lamina
è di ca. 2 mm per la calotta e il paranuca e di 3 mm
nel bordo inferiore (ig. 15a-b).
In generale il manufatto appare in buono stato di
conservazione, non presentando fratture o punti di
debolezza, ma solo quattro lievi ammaccature che
interessano la parte frontale e laterale sinistra della
calotta. L’aspetto attuale è frutto di restauri e puliture ai quali è stato sottoposto, che hanno conferito
alla supericie esterna una patina sottile non uniforme di colore bruno/verde scuro, mentre in quella
interna è stata rilevata una corrosione puntiforme
di colore verde chiaro che delinea in modo evidente
un’area ellissoidale nella porzione più profonda della
calotta. Sotto il proilo tafonomico tale alterazione,
sia per morfologia sia per collocazione, potrebbe
essere ricondotta alla posizione assunta dal reperto
nel corso della sua storia deposizionale.
Il tipo Buggenum, così deinito dai ritrovamenti
dalla località nel Limburgo olandese (Coussin 1926),
può essere associato al tipo Montefortino C e ad alcuni esemplari della variante D della tradizionale classiicazione del Robinson (Robinson 1975, pp. 18-22).
Questi elmi in bronzo sono il risultato di uno sviluppo
tardo del tipo Montefortino (o elmo etrusco-italico),
del quale perpetuano il proilo generale risultando
però molto più sempliicati nella realizzazione e nella
decorazione, che è molto povera e talvolta assente.
Tali manufatti, attribuibili con certezza alle fanterie dell’esercito romano, sono opera di artigiani
poco specializzati e rientrano nelle produzioni in
serie tipiche dell’Italia centromeridionale in età tardorepubblicana. Dovendo infatti soddisfare una crescente domanda da parte di eserciti sempre più numerosi, soprattutto in periodi di guerra civile, nella
lavorazione sono visibili tutti quegli espedienti per
economizzare al meglio tempo e materiale (Connolly 1998, p. 229; D’Amato - Sumner 2009, p. 34).
Sebbene generalmente considerati vera e propria
variante del tipo Montefortino (Robinson 1975,
pp. 18-22; Schaaff 1988, pp. 324-326; Fischer
2012, pp. 142-143), una distinzione cronologica tra i
due modelli è tuttavia molto importante; se il primo
è stato in uso dal IV agli inizi del I secolo a.C., il tipo
Buggenum s’inserisce in una inestra temporale molto limitata, che va dalla media età cesariana agli inizimetà del I secolo d.C. L’esemplare più antico proviene
da Kulpa, vicino a Sišak in Croazia, e si data attorno al
49-46 a.C. (Schaaff 1988, p. 326; Waurick 1990, pp.
20-21, igg. 12-13; Feugère 1994, pp. 47-49). L’ elmo
conserva sul paranuca l’iscrizione graita SCIP(io)
IMP(erator) riferibile non al possessore, bensì al comandante dell’esercito. Tra i numerosi Scipioni possibili, G. Waurick ha potuto dimostrare che si trattasse
di P. Cornelio Scipione Nasica, console nel 52 a.C.,
che ottenne nel 49 a.C. il titolo di imperator e l’anno
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seguente prese parte alla battaglia di Farsalo tra le ila
dei pompeiani (Waurick 1990, pp. 20-21, igg. 12-13).
Per il tipo Buggenum, anche morfologicamente, si
possono percepire alcune sostanziali diferenze dai
sui predecessori. Il proilo tende ora ad assumere una
forma più conica, il bottone apicale si presenta privo
di decorazioni e, oltre al tradizionale proilo troncoconico, può assumere anche forma sferica, cilindrica,
conica e fungiforme. Il bordo inferiore è molto sottile
e quasi sempre privo di decorazioni, eccetto talvolta la
presenza di linee parallele incise a crudo che tentano
di imitare la tipica decorazione a cordone rilevato dei
modelli precedenti. Il paranuca non è più solamente
accennato, ma ormai è parte integrante dell’elmo, molto più ampio, appiattito e tendente verso l’orizzontalità.
Le paragnatidi associate a questi elmi, i cui ritrovamenti rispetto alle calotte sono piuttosto rari, rientrano nel
tipo bronzeo detto anatomico, con il proilo anteriore caratterizzato da una rientranza in corrispondenza
della linea degli occhi e della bocca e quello posteriore
curvo a seguire il contorno della mandibola.
Elmi di questo tipo sono stati rinvenuti nell’area
sudoccidentale della Penisola Iberica in Estremadura e
Portogallo meridionale (Quesada Sanz 1997, pp. 159,
162), lungo la valle dell’Ebro e a Maiorca, sulle coste
meridionali della Francia (Aude e Var), nell’Italia centrosettentrionale (Lombardia, Toscana, Abruzzo), in
Istria, Croazia e, con una forte attestazione, in Europa
settentrionale nella regione tedesca e olandese del basso Reno. Limitate, ma comunque degne di nota, sono le
testimonianze che provengono dall’Asia Minore, dove
questa tipologia è attestata in Caria, in Cappadocia e
sulla sponda settentrionale del Mar Nero (Schaaff
1988, pp. 324-326, ig. 9; Feugère 2011, p. 96).
Se i ritrovamenti dell’Europa meridionale e dell’Asia
Minore possono essere connessi alle operazioni militari della guerra civile del 49-45 a.C. (Waurick 1990,
tav. II), la forte concentrazione di elmi tipo Buggenum
lungo il corso inferiore del Reno e soprattutto il rinvenimento nel sito di Olfen (Nordreno-Vestfalia), sulla
sponda orientale del iume, testimoniano chiaramente
come questo modello fosse ancora in uso durante gli
anni del principato. Dopo il disastro di Kalkriese del
9 d.C., l’abbandono della fortezza di Haltern e la successiva decisione di Augusto di issare il conine dell’Impero al Reno e al Danubio, la produzione di questo elmo
sembra aievolirsi in favore di altre tipologie (Hagenau, Weisenau) (Bishop - Coulston 1993, pp. 9296), anche se c’è chi ne prolunga l’utilizzo ino all’età
lavia (Cascarino 2007, p. 107; Fischer 2012, p. 143).
Tornando all’elmo di Villa del Foro, è da osservare
come tutte le sue caratteristiche tecniche e morfologiche – proilo meno bulboso e tendente al conico, apex piccolo e privo di decorazioni, paranuca
più ampio e appiattito – rimandino a un esemplare
distribuito in un vasto areale geograico, i cui confronti più convincenti sarebbero ravvisabili con i ritrovamenti dell’Europa settentrionale (in particolare
l’esemplare olandese da Millingenaan de Rijn e il già
citato elmo di Olfen) (Feugère 2011, pp. 94-95).
In quanto privo di un preciso contesto archeologico è diicile associare questo reperto ad avvenimenti storici precisi. Tuttavia, la costante presenza di
questo tipo di elmi in località oggetto di campagne
militari in età tardorepubblicana e augustea rimanda a un modello in dotazione all’esercito romano che
permette di datare l’esemplare da Villa del Foro tra la
metà del I secolo a.C. e gli inizi del secolo successivo.
Bibliograia
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