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Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Direzione e Redazione Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Piazza S. Giovanni 2 - 10122 Torino Tel. 011-195244 Fax 011-5213145 E-mail sba-pie@beniculturali.it Direttore della Collana Egle Micheletto - Soprintendente per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Comitato Scientiico Marica Venturino Gambari Giuseppina Spagnolo Garzoli Soia Uggé Matilde Borla Coordinamento Marica Venturino Gambari Comitato di Redazione Paola Aurino Simona Contardi Valentina Faudino Segreteria di Redazione Maurizia Lucchino Editing ed elaborazione immagini Susanna Salines Progetto graico e impaginazione LineLab.edizioni - Alessandria Stampa Filograf Litograia - Forlì La redazione di questo volume è stata curata da Paola Aurino, Simona Contardi e Valentina Faudino con la collaborazione di Maurizia Lucchino Quando non diversamente indicato, i disegni dei reperti sono in scala 1:3 (ceramica, vetri), in scala 1:2 (industria litica levigata, metalli), in scala 1:1 (industria litica scheggiata) Il volume è stato pubblicato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e con la collaborazione degli Amici del Museo di Antichità di Torino È possibile consultare gli articoli pubblicati in questo volume nel sito istituzionale della Soprintendenza: http://archeo.piemonte.beniculturali.it/ Attività / Editoria / Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte © 2014 Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie Piazza S. Giovanni 2 - 10122 Torino ISSN 0394-0160 Notiziario 180 Notiziario Fig. 14. Alessandria, fraz. Spinetta Marengo, strada vicinale della Granara. T. 1 (foto Studium s.n.c.). qui la sistemazione originaria e un successivo rotolamento verso est di alcuni oggetti, che potevano in origine essere trattenuti da elementi deperibili decomposti in un momento successivo. La cronologia dei materiali, attualmente in corso di restauro, orienta verso una datazione compresa tra la seconda metà del I e la prima metà del II secolo d.C. A nord-est di t. 1 è presente una seconda sepoltura, questa volta a incinerazione diretta: si tratta di una fossa di forma quadrangolare (t. 2) caratterizzata dalle pareti del taglio rubefatte per uno spessore di ca. 4 cm, in particolare nella loro porzione superiore. Il riempimento più profondo era costituito da carboni e sporadiche ossa umane combuste, mentre la parte superiore da argilla mista a carboni. Il corredo, molto più povero di quello di t. 1, era composto da una coppetta a pareti sottili (rinvenuta in frammenti), un balsamario e una moneta bronzea, tutti elementi che concordano con la cronologia della prima sepoltura. Poco più a est è stata portata alla luce un’altra tomba (t. 3), la cui parte sommitale era verosimilmente stata intaccata dalle attività di aratura o spietramento già evidenziate negli altri sondaggi: il fondo della fossa era riempito da carboni con ossa umane combuste mentre la parte superiore era costituita da argilla mista a carboni. Bibliograia Baratte F. 1998. Il tesoro di Marengo, in Archeologia in Pie­ monte. II. L’età romana, a cura di L. Mercando, Torino, pp. 369-380. Crosetto A. 1986. Le raccolte archeologiche. Il materiale ar­ cheologico della tarda antichità e dell’altomedioevo, in Il Mu­ seo e la Pinacoteca di Alessandria, a cura di C. Spantigati G. Romano, Alessandria, 79-84. Finocchi S. 2002. Iulia Dertona colonia, Voghera. Fraccaro P. 1957. La colonia romana di Dertona (Tortona) e la sua centuriazione, in Opuscola, III, Pavia, pp. 123-150. Tozzi P. 1996. L’ area fra Libarna e Dertona, in Libarna, a cura di S. Finocchi, Castelnuovo Scrivia, pp. 51-58. Venturino Gambari M. 1986. Le raccolte archeologiche. La sezione preromana. Contributo allo studio del popolamento preistorico e protostorico dell’Alessandrino, in Il Museo e la Pi­ nacoteca di Alessandria, a cura di C. Spantigati - G. Romano, Alessandria, pp. 67-70. Venturino Gambari M. et al. 2010. Venturino Gambari M. - Crosetto A. - Roncaglio M., Alessandria, Villa del Foro (Forum Fulvii), via della Rocca. Strada e necropoli di età roma­ na e fasi di frequentazione altomedioevale, in Quaderni della Soprintendenza archeologica del Piemonte, 25, pp. 135-137. Alessandria, frazione Villa del Foro Elmo romano in bronzo tipo Buggenum Stefano Marchiaro L’elmo romano di tipo Buggenum, proveniente probabilmente dal territorio di Villa del Foro, è menzionato per la prima volta tra i materiali archeologici consegnati nell’aprile del 1886 dalla Provincia al Municipio di Alessandria quale dono del comm. Dossena, la cui famiglia era proprietaria di ampi appezzamenti di terra nella zona (Venturino Gambari 1986, pp. 67-70; Galli 1998, p. 276; Gambari 2000, p. 208). Il temporaneo deposito del reperto presso il Museo di Antichità di Torino ne ha recentemente consentito un esame autoptico e la rilettura nel quadro di una più aggiornata bibliografia. L’elmo è di bronzo e si conserva integro, seppur mancante delle paragnatidi. Misura 19,5 cm di altezza, 25,3 cm di lunghezza e ha diametro massimo esterno pari a 21,6 cm. La calotta è emisferica con leggera tendenza alla forma conica, sormontata da un bottone apicale (apex) bitroncoconico liscio e privo del foro per l’inserimento del piumaggio. Il paranuca, lungo 3,7 cm nel punto di massima espansione, è ancora poco pronunciato rispetto ad altri elmi della stessa tipologia, ma risulta tuttavia già ampio e appiattito e dotato di foro per assicurarvi il supporto degli anelli di aggancio posteriore del sottogola. Ai lati della calotta sono visibili due fori, di Notiziario a 181 b Fig. 15. Alessandria, fraz. Villa del Foro. Elmo in bronzo tipo Buggenum, proilo laterale destro (a) e vista posteriore (b) (elab. S. Marchiaro). cui il sinistro ancora conserva il rivetto in ferro, per l’incernieramento delle paragnatidi. Il bordo inferiore, leggermente rilevato e a sezione rettangolare, misura 0,7 cm di altezza e presenta una supericie liscia priva di decorazioni. Lo spessore della lamina è di ca. 2 mm per la calotta e il paranuca e di 3 mm nel bordo inferiore (ig. 15a-b). In generale il manufatto appare in buono stato di conservazione, non presentando fratture o punti di debolezza, ma solo quattro lievi ammaccature che interessano la parte frontale e laterale sinistra della calotta. L’aspetto attuale è frutto di restauri e puliture ai quali è stato sottoposto, che hanno conferito alla supericie esterna una patina sottile non uniforme di colore bruno/verde scuro, mentre in quella interna è stata rilevata una corrosione puntiforme di colore verde chiaro che delinea in modo evidente un’area ellissoidale nella porzione più profonda della calotta. Sotto il proilo tafonomico tale alterazione, sia per morfologia sia per collocazione, potrebbe essere ricondotta alla posizione assunta dal reperto nel corso della sua storia deposizionale. Il tipo Buggenum, così deinito dai ritrovamenti dalla località nel Limburgo olandese (Coussin 1926), può essere associato al tipo Montefortino C e ad alcuni esemplari della variante D della tradizionale classiicazione del Robinson (Robinson 1975, pp. 18-22). Questi elmi in bronzo sono il risultato di uno sviluppo tardo del tipo Montefortino (o elmo etrusco-italico), del quale perpetuano il proilo generale risultando però molto più sempliicati nella realizzazione e nella decorazione, che è molto povera e talvolta assente. Tali manufatti, attribuibili con certezza alle fanterie dell’esercito romano, sono opera di artigiani poco specializzati e rientrano nelle produzioni in serie tipiche dell’Italia centromeridionale in età tardorepubblicana. Dovendo infatti soddisfare una crescente domanda da parte di eserciti sempre più numerosi, soprattutto in periodi di guerra civile, nella lavorazione sono visibili tutti quegli espedienti per economizzare al meglio tempo e materiale (Connolly 1998, p. 229; D’Amato - Sumner 2009, p. 34). Sebbene generalmente considerati vera e propria variante del tipo Montefortino (Robinson 1975, pp. 18-22; Schaaff 1988, pp. 324-326; Fischer 2012, pp. 142-143), una distinzione cronologica tra i due modelli è tuttavia molto importante; se il primo è stato in uso dal IV agli inizi del I secolo a.C., il tipo Buggenum s’inserisce in una inestra temporale molto limitata, che va dalla media età cesariana agli inizimetà del I secolo d.C. L’esemplare più antico proviene da Kulpa, vicino a Sišak in Croazia, e si data attorno al 49-46 a.C. (Schaaff 1988, p. 326; Waurick 1990, pp. 20-21, igg. 12-13; Feugère 1994, pp. 47-49). L’ elmo conserva sul paranuca l’iscrizione graita SCIP(io) IMP(erator) riferibile non al possessore, bensì al comandante dell’esercito. Tra i numerosi Scipioni possibili, G. Waurick ha potuto dimostrare che si trattasse di P. Cornelio Scipione Nasica, console nel 52 a.C., che ottenne nel 49 a.C. il titolo di imperator e l’anno 182 Notiziario seguente prese parte alla battaglia di Farsalo tra le ila dei pompeiani (Waurick 1990, pp. 20-21, igg. 12-13). Per il tipo Buggenum, anche morfologicamente, si possono percepire alcune sostanziali diferenze dai sui predecessori. Il proilo tende ora ad assumere una forma più conica, il bottone apicale si presenta privo di decorazioni e, oltre al tradizionale proilo troncoconico, può assumere anche forma sferica, cilindrica, conica e fungiforme. Il bordo inferiore è molto sottile e quasi sempre privo di decorazioni, eccetto talvolta la presenza di linee parallele incise a crudo che tentano di imitare la tipica decorazione a cordone rilevato dei modelli precedenti. Il paranuca non è più solamente accennato, ma ormai è parte integrante dell’elmo, molto più ampio, appiattito e tendente verso l’orizzontalità. Le paragnatidi associate a questi elmi, i cui ritrovamenti rispetto alle calotte sono piuttosto rari, rientrano nel tipo bronzeo detto anatomico, con il proilo anteriore caratterizzato da una rientranza in corrispondenza della linea degli occhi e della bocca e quello posteriore curvo a seguire il contorno della mandibola. Elmi di questo tipo sono stati rinvenuti nell’area sudoccidentale della Penisola Iberica in Estremadura e Portogallo meridionale (Quesada Sanz 1997, pp. 159, 162), lungo la valle dell’Ebro e a Maiorca, sulle coste meridionali della Francia (Aude e Var), nell’Italia centrosettentrionale (Lombardia, Toscana, Abruzzo), in Istria, Croazia e, con una forte attestazione, in Europa settentrionale nella regione tedesca e olandese del basso Reno. Limitate, ma comunque degne di nota, sono le testimonianze che provengono dall’Asia Minore, dove questa tipologia è attestata in Caria, in Cappadocia e sulla sponda settentrionale del Mar Nero (Schaaff 1988, pp. 324-326, ig. 9; Feugère 2011, p. 96). Se i ritrovamenti dell’Europa meridionale e dell’Asia Minore possono essere connessi alle operazioni militari della guerra civile del 49-45 a.C. (Waurick 1990, tav. II), la forte concentrazione di elmi tipo Buggenum lungo il corso inferiore del Reno e soprattutto il rinvenimento nel sito di Olfen (Nordreno-Vestfalia), sulla sponda orientale del iume, testimoniano chiaramente come questo modello fosse ancora in uso durante gli anni del principato. Dopo il disastro di Kalkriese del 9 d.C., l’abbandono della fortezza di Haltern e la successiva decisione di Augusto di issare il conine dell’Impero al Reno e al Danubio, la produzione di questo elmo sembra aievolirsi in favore di altre tipologie (Hagenau, Weisenau) (Bishop - Coulston 1993, pp. 9296), anche se c’è chi ne prolunga l’utilizzo ino all’età lavia (Cascarino 2007, p. 107; Fischer 2012, p. 143). Tornando all’elmo di Villa del Foro, è da osservare come tutte le sue caratteristiche tecniche e morfologiche – proilo meno bulboso e tendente al conico, apex piccolo e privo di decorazioni, paranuca più ampio e appiattito – rimandino a un esemplare distribuito in un vasto areale geograico, i cui confronti più convincenti sarebbero ravvisabili con i ritrovamenti dell’Europa settentrionale (in particolare l’esemplare olandese da Millingenaan de Rijn e il già citato elmo di Olfen) (Feugère 2011, pp. 94-95). In quanto privo di un preciso contesto archeologico è diicile associare questo reperto ad avvenimenti storici precisi. Tuttavia, la costante presenza di questo tipo di elmi in località oggetto di campagne militari in età tardorepubblicana e augustea rimanda a un modello in dotazione all’esercito romano che permette di datare l’esemplare da Villa del Foro tra la metà del I secolo a.C. e gli inizi del secolo successivo. Bibliograia Bishop M.C. - Coulston J.C.N. 1993. Roman military equipment from the Punic wars to the fall of Rome, London. Cascarino G. 2007. L’ esercito romano. Armamento e organiz­ zazione. I. Dalle origini alla ine della repubblica, Rimini. Connolly P. 1998. Greece and Rome at war, London. Coussin P. 1926. Les armes romaines. Essai sur les origines et l’evolution des armes individuelles du légionnaire romain, Paris. D’Amato R. - Sumner G. 2009. Arms and armour of the Impe­ rial Roman soldier, Barnsley. Feugère M. 1994. Casques antiques. Les visages de la guerre, de Mycenes à la in de l’Empire romain, Paris. Feugère M. 2011. Casques antiques. Les visages de la guerre, de Mycenes à la in de l’Empire romain. Nouvelle édition, revue, corrigée et augmentée, Paris. Fischer T. 2012. Die Armee der Caesaren: Archäologie und Ge­ schichte, Regensburg. Galli G. 1998. Gli elmi dei legionari, in Tesori della Postumia. Archeologia e storia intorno ad una grande strada romana alle radici dell’Europa, Catalogo della mostra, a cura di G. 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Contributo allo studio del popolamento preistorico e protostorico dell’Alessandrino, in Il Museo e la Pi­ nacoteca di Alessandria, a cura di C. Spantigati - G. Romano, Torino, pp. 67-70. Waurick G. 1990. Helme in Caesars Heer, Mainz.